(Pia)
Un ottobre come l'anno scorso, estate torrida, temperature infuocate per un lasso di tempo infinito che avevano stremato alberi e cespugli. Era stato interessante, gironzolando in giardino, prendere nota di che se la era cavata. Prunus aveva mantenuto smeraldine le foglie, non solo: ne aveva generate di nuove, nello stesso periodo in cui gli altri ciliegi ingiallivano, mentre l'ippocatano era bruciacchiato del tutto. Languivano i Cornus, alcuni con le foglie curiosamente secche a metà, pativa il Populus, spoglio a metà agosto, ma che però, già a settembre, aveva gonfiato le gemme come a primavera emanando, come allora, una fragranza deliziosa. Dalle gemme gonfie e resinose si erano poi svolte le foglioline, che a ottobre erano grandicelle, quasi fosse maggio. Altri ancora decisi a rifarsi delle ristrettezze patite dall'estate, il Lilla aveva abbandonato le foglie stanche e imbronciare per aprirne di nuove, roride e sintouse. Il Sambuco era fresco fino all'ultima frangia, stanchi di starsene col fiato corto da asmatico, volevano di nuovo respirare a pieni polmoni, e pazienza se queste ultime boccate d'aria prima del freddo sarebbero costate la fatica, ma anche l'entusiamso, di una seconda espressione di foglie. Ora che si sta tanto bene, con questa aria frizzante e tiepida a un tempo, che goduria. Facciamo come fosse di nuovo primavera, si saranno detti, chissà non sia davvero cosi magari l'inverno nemmeno ci sarà, vallo a sapere. E cosi era stata una stagione curiosa, da sembrare fatta apposta per convalidare la tesi di Karol Capek: il primo mese di primavera è l'ottobre. Perché avvengono adesso gemmazione e germogliazione, perché si interrano adesso i bulbi che fioriranno a primavera e che quindi, a rigore, inizia quando se ne pone la prima pietra o bulbo che dir si voglia. In una stagione che nel vecchio calendario segnava l'inzio del nuovo anno.
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